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Anna e Pietro .. La prima volta in Tribunale

Anna e Pietro .. La prima volta in Tribunale

Era una bella giornata di primavera, l’umore a mille!
Pietro da più di un anno faticava a muoversi a causa della rigidità muscolare ma questo non ci aveva mai impedito di ammirare una bella giornata, andare a prenotare i nostri viaggi e passare la serate con gli amici.
Prima di tutto, però, quel giorno, dovevo passare in Tribunale: avrei consegnato la mia domanda per diventare amministratrice di sostegno di Pietro, mio marito.

Arrivata nel cortile del palazzo, una bicicletta arrugginita, molto vecchia, senza sellino e con una grande catena che penzolava nel vuoto, cattura la mia attenzione. Mi chiedo da quanto tempo sia lì e come mai il proprietario non l’abbia più recuperata….

Mi sentivo pervasa da un sentimento di inquietudine che era riuscito a spazzare via una parte del mio ottimismo mattutino.
Procedevo con un leggero nodo alla gola seguendo il cartello “ospiti” e scendendo verso una scala di cemento arrivo davanti a due guardie armate, che mi chiedono di mettere tutti i miei effetti personali sul rullo del metal detector per poi invitarmi alla perquisizione stile aeroporto…
Mentre mi spoglio del soprabito, passano veloci gli avvocati nei loro abiti grigi e con le loro valigette piene di documenti.

Mi sento in soggezione.

Entro, finalmente, nell’edificio in cerca dell’ufficio di cancelleria, cammino sperduta in questi corridoi pieni di carte, con un forte odore di inchiostro fotostatico….. sempre di più mi sento smarrita.
Fatico a trovare il corridoio giusto, sono davvero esasperata, nessuno alza lo sguardo per accogliere il mio bisogno di indicazioni. Trovo l’ufficio, è chiuso, le persone dietro il bancone mi intimano di tornare l’indomani ma io rispondo, imbarazzata, che devo solo consegnare dei documenti per presentare la domanda per mio marito e ho preso un giorno di ferie per venire oggi, quindi domani non potrò tornare. Non ottengo risposta e comprendo che dovrò tornare ancora …
Torno a casa sfiduciata, arrabbiata, delusa. Pietro mi sorride, non mi arrendo!
Guardo su internet e scopro lo sportello Non+Soli di DarVoce.
Il sito appare colorato, pieno di volti, di storie, parla anche del tribunale con informazioni chiare e allora sento la fiducia tornare.
Consegnare la mia domanda sarà possibile! Torno in tribunale, le guardie sorridono e questa volta il controllo significa protezione, so dove devo andare e arrivo in un attimo nell’ufficio dei volontari, nessuno guarda in basso e appena entro un sorriso è pronto ad accogliermi.
E così sono riuscita a presentare il mio ricorso, cioè la domanda per diventare amministratore di sostegno….

TRE mesi dopo, la nostra udienza era fissata ed io e Pietro incontriamo il giudice tutelare.
Mi sentivo preoccupata, quell’ambiente ostile non gli faceva bene, volevo proteggerlo, volevo si sentisse a suo agio.

Il Giudice ha capito la nostra ansia e ci ha accolti con molta gentilezza. L’obiettivo dell’incontro era conoscere nei dettagli la richiesta di affiancare mio marito nella gestione della sua vita, la sua malattia e le sue necessità.

La prima cosa che il giudice ha fatto è stato verificare, rivolgendosi direttamente a Pietro, se fosse d’accordo e quali autonomie conservava.
Si è parlato anche dell’annosa questione dei parenti: avevamo interpellato tutti ma solamente i genitori di Pietro, molto anziani, si erano espressi positivamente in merito alla richiesta. Nessuno aveva voluto presenziare all’udienza, la parola “Tribunale”, aveva provocato soggezione e le conversazioni in merito erano cessate in fretta. Nessuno si era presentato in udienza con noi.

Il Giudice era molto interessato a noi, soprattutto a Pietro, leggeva tutta la folta documentazione e chiedeva dettagli e pareri.
Quando Pietro gli ha espresso l’intenzione di scrivere la sua esperienza di malato in un libro, il Giudice lo ha incoraggiato con grande empatia e io mi sono sentita entusiasta.

Mio marito voleva continuare a svolgere le sue attività ciclistiche a livello agonistico, io avrei preferito di no, avevo molta paura che gli accadesse qualcosa ma il giudice sorrise e conversò con lui di ciclismo.

Terminata l’udienza abbiamo atteso circa un mese l’esito, ero tranquilla, quell’incontro mi aveva rassicurata,
Pietro era carico e i volontari avrebbero continuato ad aiutarci.
Sono stati loro ad avvisarci che la pratica si stava concludendo e che avrebbero provveduto ad assisterci anche nelle parti relative alla gestione amministrativa!

Tornai in tribunale per il giuramento, non avevo più timore, quel palazzo era diventato un luogo familiare e accogliente. Pietro continuò il suo sport e iniziò il suo libro. Il giudice aveva messo al centro i suoi desideri e i suoi bisogni e Pietro si sentiva vivo e considerato nonostante la sua malattia.

La sua bicicletta non si è arrugginita nel cortile del tribunale!