
12 Giu Le domeniche in riva al Po
Il profumo del ragù, il tintinnio dei bicchieri, le chiacchiere degli altri avventori. Per Luigi e Carla la domenica a pranzo fuori non era solo un pasto, ma un rito. Il ristorantino in riva al Po li accoglieva con la sua atmosfera familiare, sulla panchina le ore scorrevano lente al ritmo placido del fiume. Si incontravano amici di passaggio, si scambiavano sorrisi e parole, ci si sentiva parte di una comunità.
Man mano che la sclerosi multipla di Luigi e la malattia neurodegenerativa di Carla avanzavano, quel rito diventava sempre più importante. La settimana era un susseguirsi di impegni sanitari, ma la domenica… era un’isola felice.
Poi, come una corrente inesorabile, la malattia di Carla richiese nuove cure e il trasferimento in una casa protetta, e Luigi si ritrovò solo. Il vuoto lasciato da Carla era un eco silenzioso tra le mura domestiche e la perdita della loro sacra domenica pesava come un macigno: niente più gite al Po, niente più chiacchiere sulla panchina, ora deserta. Sulla vita di Luigi dominava la solitudine, compagna silenziosa della malattia.
Ma il destino, a volte, si manifesta attraverso mani inaspettate.
Il Tribunale nominò come amministratrice di sostegno per Carla la sua premurosa figlia. Per Luigi, che non aveva parenti vicini, fece il suo ingresso Renza, una volontaria.
All’inizio Luigi, chiuso nel suo dolore, si mostrò diffidente verso di lei, ma la pazienza e la sincera attenzione di Renza riuscirono a scalfire quella corazza. Renza lo ascoltava, cercava di cogliere le sue piccole grandi mancanze. E capì quanto Luigi soffrisse non solo l’assenza di Carla, ma anche la perdita di quei semplici momenti di libertà, come le domeniche in riva al Po.
Con la tenacia di chi crede nell’importanza del proprio compito, Renza chiamò il ristoratore e lo convinse a preparare per Luigi un pasto semplice, per una cifra davvero modesta: un primo caldo, un bicchiere di vino e una fetta di torta. Poi Renza organizzò un piccolo gruppo di solidarietà: volontari giovani e meno giovani del paese si alternavano per accompagnare Luigi al ristorante la domenica, condividere con lui il pranzo e, immancabilmente, accompagnarlo alla panchina. Lì, tra i ricordi borbottati e la vista rassicurante del fiume, Luigi ritrovava un po’ del calore perduto. Infine, prima di rientrare, i volontari accompagnavano Luigi alla casa di riposo per un saluto a Carla, sigillando il loro patto di cura e affetto.
Renza, l’amministratrice di sostegno di Luigi, che tutto aveva pensato e organizzato, aveva compreso che il suo ruolo andava ben oltre la gestione dei beni: era custode della dignità, tessitrice di legami, portatrice di speranza. Con la sua generosità silenziosa, con la sua capacità di ascoltare il cuore di Luigi, gli aveva restituito non solo un pranzo domenicale, ma un pezzetto di vita, dimostrando che la vera amministrazione è anche quella del cuore, capace di riaccendere la gioia in chi si sente solo.